PURTROPPO AVEVAMO RAGIONE: CHIUSI 5 UFFICI POSTALI A MESSINA
La tutela del lavoro e del già carente sistema infrastrutturale è la priorità assoluta del SUD e della nostra provincia –ribadisce in una nota Franco De Domenico deputato regionale del Partito Democratico- siamo di fronte ad una emergenza sociale che richiede interventi straordinari e una visione strategica di sviluppo: la politica, tuttavia sembra disallineata rispetto alla società. Oggi in particolare ritorno sull’atteggiamento di Poste Italiane, già oggetto di una mia interpellanza che, peraltro, ha avuto ampio risalto sulla stampa. Mi riferisco al cosiddetto piano di “razionalizzazione ed efficientamento” di Poste Italiane che, a fronte della chiusura di una trentina di uffici postali in tutta Italia, ne prevede 14 in Sicilia e addirittura 5 nella città di Messina.
Al nostro grido di allarme Poste Italiane ha risposto piccata, parlando di presunti piani di sviluppo, senza mai affrontare in modo diretto l’argomento chiusura, insomma una serie di affermazioni fumose senza alcuna concretezza.
Concretezza che si è appalesata nelle forme di una raccomandata spedita il 13 dicembre al sindaco Cateno De Luca con la quale Poste Italiane comunica la chiusura, da 20 febbraio prossimo, di cinque uffici postali a Messina e precisamente: ufficio Messina 1 di via Nicola Fabrizi 3; l’Ufficio di Pace, l’ufficio Messina 16 di via Pietro Castelli 60; l’ufficio di Santo Stefano di Briga e quello di Mili San Marco.
A mia conoscenza il Sindaco De Luca, forse troppo distratto dal “cambio di passo”, non sembra abbia preso alcuna iniziativa per scongiurare la chiusura, né ha ritenuto di informare il consiglio comunale, eppure il contenuto della stessa avrebbe dovuto farlo sobbalzare dalla sedia. Basti pensare che per giustificare la chiusura le Poste fanno riferimento da un lato a una Pec del 23 novembre 2019 con la quale sarebbero state illustrate “le importanti iniziative intraprese dall’Azienda in termini di implementazione di nuove modalità di offerta dei servizi, compresi quelli tradizionali, in favore della clientela … ” che avrebbero giustificato poi il piano di efficientamento che si traduce nelle 5 chiusure eseguite “anche tenuto conto della prossimità di altro Ufficio Postale /i a quello interessato al provvedimento di chiusura”.
E poi la chiosa finale “Nel confermare l’impegno della Società (!!!!) ad una fattiva e proficua interlocuzione con il comune da lei amministrato, Le comunichiamo che la presente si intende formulata ai sensi e per gli effetti dell’art. 5 della Delibera 342/14/CONS”, delibera che, paradossalmente, avrebbe dovuto di garantire un livello di servizio adeguato alle aree svantaggiate, introducendo specifici divieti di chiusura di uffici postali, di cui Poste Italiane avrebbe dovuto tener conto nella redazione del piano annuale di razionalizzazione degli uffici postali.
Ritengo –continua De Domenico- inaccettabile che in un territorio nel quale il lavoro costituisce una vera e propria emergenza, soggetti, nella sostanza, pubblici, quali Poste Italiane, che vantano risultati di bilancio straordinari, oltre 1,4 miliardi di utili nel 2018, il doppio di quello dell’anno precedente, su ricavi di soli 11 miliardi, invariati rispetto al 2017, possano disimpegnarsi senza rendere conto a nessuno. Non si può tollerare ancora chi vede il Sud come l’ultima ruota del carro, se vogliamo essere classe politica diversa rispetto al passato non possiamo dare tregua a chi fa finta di non capire, a chi ridicolizza il nostro territorio, al di ogni colore politico.
Chi utilizza fondi pubblici ha una responsabilità sociale diversa; non può proporre indiscriminate razionalizzazioni, contribuendo alla perdita definitiva di occasioni occupazionali per il futuro, non può ignorare che queste infrastrutture costituiscono un avamposto sociale in un territorio, specie quello periferico della Città dove la popolazione è costituita soprattutto da anziani, che costituiscono l’ossatura principale dei fruitori dei servizi postali.
Ma cosa credono i signori delle Poste che la struttura urbanistica e i servizi di trasporto locale di Messina siano quelli di Milano? O che per i tanti anziani dei nostri villaggi, spesso soli perché con figli e nipoti emigrati per lavoro, spostarsi di 4/5 chilometri in altro ufficio costituisca una passeggiata salutare? A tacere poi della sicurezza di chi usa le poste per prelevare somme di denaro.
Il servizio postale universale -continua De Domenico- è un servizio sociale ben pagato dallo Stato, con un onere annuo di 262,4 milioni, a fronte del quale le Poste devono garantire l’erogazione della prestazione “su tutto il territorio nazionale” per assicurare, “senza alcuna discriminazione”, la “coesione sociale”; il resto sono chiacchere e le giustificazioni utilizzate offensive della intelligenza di chi le legge, con l’unico obbiettivo di penalizzare le fasce più deboli della popolazione.
Nel mio ruolo di deputato regionale –conclude De Domenico- ho presentato una interrogazione urgente in commissione all’assessore alla Politiche sociali e del Lavoro Antonio Scavone, affinché, nella inerzia del Sindaco, si attivi per evitare l’ennesimo ridimensionamento infrastrutturale in un contesto territoriale già caratterizzato da un elevato livello di disoccupazione. Tale disimpegno appare, peraltro, in contraddizione con le politiche di favore che Poste Italiane sta portando avanti nei piccoli comuni, apprezzabili per i risvolti socio-economici nei confronti di realtà territoriali disagiate e marginali, in modo da garantire prestazioni adeguate agli standard di efficienza stabiliti dal contratto di servizio stipulato tra Poste italiane S.p.A. e Ministero dello sviluppo economico.