Una bella analisi di un giovane docente ai tempi del coronavirus.
Niente di più sbagliato, da docente la prima cosa che ho pensato è stata quella di trovare una soluzione per azzerare le distanze e non perdere il contatto con i miei ragazzi.
A formularla è Antonio Traviglia che insegnata all’istituto odontotecnico del “Merendino” di Capo d’Orlando.
È passata una settimana da quando è arrivata la notizia della sospensione di tutte le attività didattiche, praticamente la chiusura della scuola.
Sin da subito, questo evento epocale,è stato avvertito come un problema che riguardasse solo gli adulti, e che per gli studenti invece fosse una manna caduta dal cielo.
Niente di più sbagliato, da docente la prima cosa che ho pensato è stata quella di trovare una soluzione per azzerare le distanze e non perdere il contatto con i miei ragazzi.
Dopo aver concordato insieme quale potesse essere la soluzione migliore, abbiamo deciso di utilizzare il sistema della videoconferenza. Tra scetticismo e incredulità ci siamo cimentati in un nuovo modo di fare lezione, di stare insieme, di scambiarci informazioni, e soprattutto di sentirci parte di qualcosa, perché in questi momenti di difficoltà e smarrimento il senso della comunità rappresenta un punto fermo.
Tuttavia aldilà della validità del metodo, quello che per me conta è la risposta che ho avuto da tutti loro, in termini di presenza, partecipazione e spirito di collaborazione.
I ragazzi hanno bisogno di essere considerati e non bistrattati, hanno bisogno di modelli positivi, di fiducia e soprattutto di sapere che il futuro non è una cosa scontata, lo costruiremo insieme.
fonte notizia: www.scomunicando.it